AUTISMO: SIMBOLI E COLORI
Fino a quando ci saranno farfalle a insegnare ai pesci come nuotare, il nostro mondo andrà alla rovescia!
Prendiamo il 2 aprile come emblema e parliamo degli
stereotipi e dei simboli che accompagnano una delle giornate mondiali più
celebrate che genera confusione, non consapevolezza, sull’autismo.
Qualcuno ha stabilito che il colore dell’autismo è il blu.
Il 2 aprile tutto si puffa di blu: palloncini blu, nastrini
blu, cartelloni blu tappezzano le strade, i Comuni delle città si tingono di
luci blu. Peccato che sia il colore sbagliato!
Il blu è stato scelto per rappresentare maschi autistici. Si
pensava, fino a pochi anni fa, che l’autismo fosse una condizione che
riguardasse solo gli uomini. I tratti autistici nelle donne infatti, venivano
spesso scambiati per sintomi legati all’isteria o ad altri disturbi psichiatrici.
Inoltre, il blu viene comunemente associato alla tristezza:
avete mai visto l’immagine di una persona autistica felice?
Il disegno del palloncino blu, tanto amato nelle scuole, è
il riferimento alla credenza che le persone autistiche vivano dentro a una
“bolla”, come i pesci rossi, isolate dal resto del mondo e che poverine non
sanno parlare. Ricordo un manifesto promosso da una famosa associazione di
volontariato che ritraeva un bambino accovacciato all’angolo di una stanza buia,
con sotto scritto “Non puoi toccarmi. È Covid? No, è autismo”. Si descrive
l’autismo in maniera pietistica e abilista, come se fosse una tragedia che
capita a pochi sfortunati, paragonato persino a una pandemia che sta
distruggendo milioni di vite umane. E infatti, l’autismo è inteso come qualcosa
da combattere, eliminare, una sfida sociale “contro”. Una lotta.
Si combatte una malattia, non l’autismo. Mi piace ripeterlo:
di autismo non si “soffre” e non è una malattia, ma una condizione
neurobiologica che implica un modo di vivere, sentire emozioni e interpretare
il mondo e gli altri in modo diverso e divergente. Ciò è ignorato da una
società ostinata e caparbia nel continuare a etichettare con termini
inappropriati e vetusti, tanto da arrivare a coniare un altro simbolo ormai
così popolare che sarà difficile da togliere dalla tradizione: il pezzo di
puzzle.
Ora, mi chiedo se chi ha inventato il pezzo di puzzle per
definire una persona – qualsiasi persona – fosse sano di mente in quel momento
perché, gentili Lettori e Lettrici, essere definiti come uomini e donne a cui
manca qualche pezzo, non farebbe piacere a nessuno. Un pezzo di cosa, poi… di
cervello, si intendeva?
Alle persone autistiche non mancano dei pezzi, sono complete
nella loro diversità. Oppure il puzzle simboleggia un pezzo di umano che deve
incastrarsi nella società senza le sue differenze, per adattarsi al resto del
quadro?
Facciamo un po’ di chiarezza allora. Il simbolo dell’autismo
è questo: ∞,
un otto rovesciato che rappresenta l’infinito, come infinite sono le
caratteristiche e le specificità delle persone autistiche, che non sono tutte
uguali e non tutte hanno condizioni gravi o compromissioni associate. Il colore
invece è quello dell’arcobaleno che simboleggia lo spettro autistico perché
racchiude lo “spettro” dei colori della luce, oppure il rosso e l'oro. Questi simboli e colori
sono stati decisi dalla comunità autistica.
Faccio un appello a chi sceglierà di festeggiare il 2 aprile:
usate il simbolo dell’infinito per i vostri manifesti, colorate di arcobaleno i
Comuni e invitate alla “vostra” festa persone autistiche, quelle che possono e
hanno il desiderio di spiegarvi cosa è e cosa non è, ciò che le rappresenta e
ciò che invece le discrimina.
Pubblicato il 9 Marzo 2022 su Il Quotidiano del Sud Calabria per l'editoriale "Diritti&Diversi"
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