GIOVANNI ALLEVI A SANREMO 2024, ABILISMO E INSPIRATION PORN TRA LE NOTE DI "TOMORROW"

 

All’inizio mi sono commossa anch’io perché la cosa mi riguarda personalmente. Per un pianista perdere l’abilità di suonare è qualcosa di terribile e se ti capita questa sfiga hai due possibili scelte: disperarti fino a che campi, oppure decidere che andrai avanti comunque. Giovanni Allevi sul palco di Sanremo 2024 ha portato la sua storia e la sua scelta spogliandosi del peso dei suoi pensieri, metaforicamente confiscati dentro a un copricapo di lana nero che ha consegnato nelle mani del suo pubblico come a dire ecco, tenetevi questo vecchio cappello io mi tengo la mia identità, sono sempre io con questi nuovi capelli e io sono quel che sono e non m’importa il vostro giudizio, mi riconoscerete ancora, vado avanti, ho accettato questa vita presente.

È nelle parole sull’accettazione di un percorso di vita in continua metamorfosi, dove le azioni quotidiane non sono più così semplici e scontate quando hai un mieloma multiplo irreversibile, è in quella prospettiva diversa che ti porta inevitabilmente a riflettere sul valore dell’”essenziale”, come lui stesso ha detto, che forse avrei potuto ritrovarmi, e con me tutte le persone che vivono il presente coscienti che è tempo, il presente, e il tempo esiste solo fino a che noi siamo.

Ma c’è anche chi decide di esistere senza opporsi all’impermanenza: tutto passa, la gioia come la sofferenza, anche la vita passa e anche la morte, e allora perché sporcare le note della tua storia, scrivendo l’inno dell’eroe che ce l’ha fatta e pretendere che lo cantiamo assieme?

Tomorrow, il domani, è il tuo domani, maestro Allevi, non il mio. Quel domani è diverso da anima ad anima e da corpo a corpo… è un “dono” il domani? Sì, lo è sempre, non solo quando sei malato e te ne accorgi: se la malattia ti ha costretto a fermarti e apprezzare i secondi che passano e scriverci su un pezzo, il tuo è privilegio, non dono. Il privilegio è essere Giovanni Allevi e potersi permettere un anno di degenza in ospedale senza liste d’attesa infinite, l’accesso a cure e terapie all’avanguardia e puntuali, i medici e le mediche esperte che ti hanno trattato sempre bene; il privilegio è poter perdere un lavoro senza cadere in mano agli strozzini, o semplicemente essere un maschio e sapere che se tornerai a far musica dopo una terapia oncologica nessuno ti giudicherà ancora debole, nessuno guarderà il tuo corpo o i tuoi capelli arruffati mentre dirigi l’orchestra, nessuno ti chiamerà irresponsabile se deciderai di mettere al mondo un figlio, forse a te permetterebbero pure di adottarne uno prima dei dieci lunghissimi anni di oblio oncologico.

Al di là della decisione personale di vivere meglio, sempre se vuoi lottare, sappi che le battaglie non si affrontano senza gli strumenti giusti solo con la volontà, non basta sognare guardando albe e tramonti dalla finestra dell’ospedale, per questo la mia commozione si è trasformata in rabbia alla fine del tuo monologo perché non funziona che “se ce l’ha fatta Allevi posso farcela anch’io”, perché io non sono te, e allora avrei preferito che non avessi parlato anche per me. Forse volevi solo raccontare tutto senza essere paternalista o abilista, purtroppo l’Ariston non è un teatro che ti lascia questa libertà. Voglio pensare che non fossi davvero conscio di come la tua intimità sia stata strumentalizzata per farci ascoltare sempre la stessa musica: la disabilità, le malattie, sono un problema “importante”, e se non riusciamo a dimostrare di essere ancora capaci di esistere saremo costretti a nasconderci dentro al cappello della disperazione nostra e dei nostri famigliari.

Tomorrow, domani, è vero, sei sempre tu, Giovanni Allevi, lo sei sempre stato musicista, pianista, compositore, direttore d’orchestra. Il cancro non c’entra con questo. E nemmeno il "guerriero".


Pubblicato il 09/02/24 su Il Quotidiano del Sud Calabria per la rubrica "Diritti&Diversi"

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