CLASSI SPECIALI E ESCLUSIONE SCOLASTICA


In Calabria la primavera è un caleidoscopio di colori! Se siete stati di recente in un campo, avrete notato le centinaia di specie di fiori che nascono, crescono e convivono nello stesso posto. Ma cosa succederebbe se qualcuno decidesse di allontanare i papaveri dai crochi, separare le margherite dalle rose selvatiche o estirpare le succhiamelle per dare più spazio ai narcisi, così... giusto per creare una cromia più “ordinata”? Creando monocolture, lo sappiamo, molte specie d’insetti impollinatori sparirebbero: impoverendo l’ecosistema delle sue biodiversità, la terra, a poco a poco, morirebbe.

Nella la specie umana però, questa operazione suicida di separazione ed esclusione delle diversità dalla società, si ripete incessantemente. Il fenomeno ha assunto una ridondanza tale da essere ignorato, come il ticchettio di un orologio che all’inizio lo sentiamo, ma poi le orecchie si abituano e non lo percepiamo più. Crediamo di fare inclusione falciando le piante diverse fin dai loro germogli, ledendo diritti sociali e civili, mietendo discriminazione e abilismo.

A vegetare indisturbate, come gramigna rivestita d’oro, sono per esempio le numerose iniziative di finta inclusione delle scuole calabresi, con quei progetti che dovrebbero essere destinati agli studenti con disabilità. Sono proposti come iniziative a scopo oltre che socio-pedagogico, in alcuni casi addirittura riabilitativo, per cui la figura dell’“esperto” è d’uopo, ma spesso i nomi non sono esplicitati (eppure un genitore avrebbe diritto a visionare i curricula delle figure esterne). Hanno la pretesa di realizzarsi in maniera autonoma o con pubbliche risorse, senza avere una supervisione specifica dall’Ufficio Scolastico Regionale, senza chiedere alle famiglie le reali necessità e, cosa ancor più agghiacciante, sono previsti solo ed esclusivamente per gli alunni con disabilità senza la partecipazione del gruppo-classe.

Così nascono i sabati mattina per “sperimentazioni” educative volte a integrare a scuola alunne e alunni disabili, solo tra disabili e non nelle ore di lezione. Mica far conoscere meglio la disabilità ai “normali”, queste cose lasciamole al buon senso che un giorno, da adulti, spunterà per miracolo. Nessuno può dire niente: i soldi vengono spesi per integrare o no? Insegnanti felici, genitori pure, ma forse sono solo ignari di tutto.

Stanno resuscitando anche le nuove aule-ghetto per studenti e studentesse autistici, dette anche “Classi speciali”, abolite già nel 1977 con la L.517/77: tale legge, giusto per ricordarlo a chi l’avesse dimenticato, ha messo il punto fermo sul Diritto all’Istruzione e all’educazione nelle sezioni e classi comuni per tutte le persone con disabilità e prevede che “l’esercizio di tale diritto non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap”. Orgoglio dei Presidi anzi, dei dirigenti, pubblicizzate come aiuto agli studenti “speciali” (quale sarà mai questa “specialità?), queste aule mirano a far vivere la didattica dell’espulsione, dentro a spazi isolati, senza i compagni di classe perché, si sa, è faticoso tenerli buoni in classe ‘sti disabili…

Eppure, quanto sarebbe davvero un posto speciale la scuola, se avesse le aule messe in sicurezza, rese idonee per tutta la scolaresca, con spazi adeguati, ausili per chi ha difficoltà motorie, ristrutturate a basso impatto sensoriale per chi è autistico. Inclusione scolastica è una locuzione semplice, ma chiediamone il significato sempre a chi deve essere incluso e, prima di lasciarci inebriare dal profumo di fiori e incensi, aspettiamo la prossima primavera a battere le mani.


Pubblicato il 10 Maggio 2022 si Il Quotidiano del Sud Calabria per l'editoriale Diritti&Diversi"

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