PERCHE' PISELLINI E PATATINE? Educazione sessuale e far west bucolici
Dai due ai dodici anni, pisellini e patatine. Non è l’indicazione pediatrica di una nuova dieta vegetariana, piuttosto, il dizionario minimo di parole a cui la stragrande maggioranza dei genitori fa riferimento, quando si trova a dover spiegare alla progenie la differenza tra maschi e femmine.
Alcuni, più fantasiosi, allargano il repertorio dirottando sul
genere far west-bucolico, si tolgono dall’impiccio facendo spuntare allegre
pistole o pistolini tra uccelli, farfalline e fiorellini. Tutto giusto, davvero,
lo comprendo. Fino a un certo punto.
Nel senso che fino ai 4 o 5 anni può andar bene, ma quando
un bambino è alle scuole elementari, sarebbe meglio cominciare a chiamare le
cose con il loro nome. Non capisco perché davanti a un seienne ci facciamo
scrupoli a pronunciare le parole pene e vagina, a quell’età non si conoscono
già fegato, cuore e cervello? Pene e vagina sono i nomi scientifici dei nostri
organi sessuali, insegnare a prendersene cura è nostra responsabilità, forse però
è la parola “sesso” che ancora ci spaventa, parlarne davanti a orecchie
innocenti ci imbarazza e ci mette in difficoltà se siamo noi i primi ad
attribuirgli un significato losco, cattivo, scandalistico.
A fare le spese di questo stupido linguaggio pieno di tabù, sono
proprio i bambini e in particolar modo, le bambine. Le piccole donne arrivano
alla pubertà quasi inconsapevoli dei cambiamenti che subisce il loro corpo; il
menarca (la prima mestruazione) non sanno cos’è, di quel sangue hanno paura e
vergogna, devono nasconderlo e far finta di non provare dolore. È questione anche di salute sessuale,
infezioni ai genitali come la candidosi cronica, ad esempio, contratta per
scarsa igiene intima, può portare a infertilità e diventare molto pericolosa se
l’infiammazione passa nel flusso sanguigno.
Un dato preoccupante, è l’alta incidenza di gravidanze precoci,
in particolare a inizio dell’età fertile, tra i 9 e gli 11 anni, specie nelle
regioni italiane del Sud, dove lo stigma è radicato e la condizione di
sotto-sviluppo culturale è ancora presente. Secondo l’Organizzazione Mondiale
di Sanità, buona parte delle mamme-bambine dell’evolutissima società
occidentale, rimangono incinte a causa della scarsissima conoscenza dei loro organi
riproduttivi, oltre che per le violenze sessuali.
Siamo davvero sicuri di fare la cosa giusta, nascondendo
loro la consapevolezza di una parte del corpo tanto importante quanto delicata?
Purtroppo, volendo, non potremmo delegare questo compito alla pubblica
istruzione.
L’Italia infatti è uno dei pochi Paesi europei dove ancora
l’educazione sessuale negli istituti scolastici non è obbligatoria; nelle nostre
scuole non esistono le figure medico-sanitarie e gli psicologi con cui gli studenti
possano informarsi sulla corretta igiene sessuale, o sui rapporti sessuali, i
metodi anticoncezionali come la pillola, sull’aborto, la prevenzione delle
malattie sessualmente trasmissibili, per non parlare di tutti i discorsi legati
all’identità sessuale o alla disforia di genere. Di sesso biologico non si
proferisce mai, né a casa né a scuola… dove imparano i nostri figli il rispetto
della propria persona e l’amore e la cura del proprio corpo e di quello altrui,
se nessuno glielo insegna fin da piccoli?
Abbiamo l’ingenuità di credere che i bambini non siano in grado
di capire i discorsi dei grandi, quando invece sanno navigare su internet
meglio di qualsiasi adulto esperto e utilizzare l’ultima versione dei cellulari
senza il minimo sforzo. Pensiamo davvero che far capire loro come funzionano il
pene e la vagina possa in qualche modo destabilizzarli?
Pubblicato il 10 Marzo 2022 sul Quotidiano del Sud Calabria per l'editoriale "Diritti&Diversi"
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