INTERVISTA A SAVERIO TOMMASI, giornalista e presidente Sheep Italia


Anche quando pensiamo di esistere all’interno della fetta di maggioranza immune dalle differenze, la vita stessa può metterci di fronte a situazioni che evidenziano come le condizioni di diversità, in realtà, appartengono a ciascuno di noi; succede ad esempio quando ci siamo rotti un braccio e per un paio di mesi abbiamo sperimentato la disabilità fisica, quando uno stress emotivo ci fa vivere per un po’ senza la bussola, quando la perdita di un lavoro ci ha costretto a scegliere tra il cibo da comprare e le bollette da pagare.

Il processo di inclusione delle minoranze sociali nella società avviene solo se ci si rende conto che siamo parte di un’umanità unica: dentro a questa prospettiva veramente inclusiva, dove tutti sono dentro  al cerchio e non c’è quello buono più in alto di te che ti fa entrare, si sviluppa il progetto  di “Sheep Italia”, la ONLUS nata nel 2019 il cui scopo è la felicità e l’emancipazione delle persone in situazioni di fragilità.

A parlarcene è il presidente di Sheep Italia Saverio Tommasi, noto giornalista e video reporter di Fanpage.it ,  con cui ho condiviso alcuni spunti su queste tematiche in una piacevole e generosa intervista/chiacchierata per questa rubrica.

Guardando sull’homepage del sito sheepitalia.it colpisce la frase “portiamo calore”, a cosa si riferisce?

Si riferisce a ”Coperte per senza dimora”, il progetto che ha fatto conoscere di più l’associazione, forse perché di più semplice e immediata comunicazione. Abbiamo raccolto in questi mesi migliaia di quadratini di filati di lana realizzati dalle persone che hanno aderito all’iniziativa, sono stati poi cuciti dai nostri volontari e trasformati in bellissime coperte, calde e colorate.  La distribuzione notturna è stata fatta a persone in estrema difficoltà e ha coinvolto anche volontari di associazioni che già operano questo servizio e che ben conoscono le realtà di chi vive per strada, senza un tetto sotto a cui proteggersi. “Coperte per chi ha freddo” è un concetto molto semplice in verità, forse una “toppa momentanea”,  ma a volte fondamentale perché è la differenza tra vivere o morire, spesso, il potersi riparare. E poi ha creato l’opportunità d’intrecciare il nostro tempo, come quando si intrecciano i fili di lana, nel racconto delle nostre storie.

Cosa intende per “intrecciare il tempo”?

Intrecciare il tempo è una dizione che mi piace particolarmente. Non significa che stiamo solo donando il tempo, che è una cosa bella ma comunque limitante: donare il tempo sembra che io lo sottragga a me stesso, me ne privi, per regalarlo a qualcun altro, invece intrecciare è un concetto più alto, implica che stiamo vivendo quel tempo assieme;  prediligo una modalità che è parte di vita per me che scelgo di utilizzare il mio tempo  assieme a te, standoci  accanto, entrambi sullo stesso livello: non c’è qualcuno in piedi che dà qualcosa a qualcun altro posto in basso; è vivere insieme il tempo in modo gioioso, in uno spazio comune dove si condividono le vite nell’intreccio di storie, la mia come la tua.

Come vengono raccontate le storie delle persone più fragili?

Il racconto prova a seguire l’idea di divertimento nel costruire questioni umane, relazioni, e segue il processo di stare bene insieme, che aiuta non solo le persone più fragili ma anche me stesso. E’ una narrazione molto dissimile da quella che di solito si utilizza per attrarre il favore della gente; noi non puntiamo sul muovere sentimenti di compassione, né sul fatto di “donare” per liberarsi dal pensiero di essere colpevoli. A me viene in maniera naturale raccontare le storie come le viviamo davvero e come le vivono tutte le altre persone coinvolte, come quando ad esempio si ritrovano le donne di Formazione e Lavoro per imparare a cucire e c’è il momento del tè, preparato a metà mattina, che è un tempo relativamente lungo che non è semplicemente una pausa ma una parte integrante del percorso dello stare insieme: raccontarsi è parte stessa del percorso.

Quali sono le altre iniziative di Sheep Italia?

Dal 25 di ottobre del 2021 sono partite le prime quattro “Borse Lavoro” della durata di sei mesi,  per quattro donne in difficoltà che non hanno mai lavorato in Italia; alla fine del percorso sosterranno un vero e proprio esame che permetterà loro di ottenere un impiego. Questo esame finale è una scommessa poiché alcune partono da una condizione di analfabetismo anche nella loro lingua di origine, così abbiamo attivato anche corsi di italiano, sostenuti dai nostro volontari. Dare lavoro significa dare libertà di autodeterminarsi, di non dipendere dagli altri, di scegliere.

Ci sono poi i “Gruppi di insegnamento” del lavoro a maglia che includono persone molto anziane o con problemi di salute mentale che di fatto non hanno la capacità di potersi trovare un impiego, né aspirano ad averne uno, almeno non alle condizioni che richiedono le medie di mercato. E’ un ambito prettamente educativo,  ogni gruppo lo costituiamo con associazioni che già incrociano tutti i giorni queste persone e hanno già aperto un percorso terapeutico giornaliero.

Come si sostiene Sheep Italia?

Sheep Italia è un’associazione senza scopo di lucro le cui iniziative sono sostenute esclusivamente grazie alle donazioni delle singole persone. C’è la possibilità di donare versando un contributo regolarmente, con la scadenza che si preferisce, oppure fare singole donazioni.

Come vede il futuro della sua Associazione?

Le attività aperte finora abbiamo intenzione di continuarle tutte, non solo perché hanno percorsi che finiscono per toccarsi, ma anche perché sono quelle attualmente sostenibili economicamente grazie alle donazioni; vorremmo renderle più forti  e maggiormente presenti nei territori, attraverso la condivisione dei racconti di Sheep pensiamo ci sia la possibilità di moltiplicare le iniziative, probabilmente con un progetto specifico anche all’estero. La conoscenza delle attività di Sheep Italia è fondamentale perché è un’associazione unica nel suo genere che ha un ampio paradigma di azione sociale, ma lo scopo è sempre e solo quello di mettere al centro la persona.

Sheep Italia è una realtà pulita che riflette l’immagine di quella parte bella dell’umanità capace di abbattere il muro delle distanze sociali senza fare chiasso, per questo forse “raccontarla non è semplice”, conclude Tommasi, ma che si manifesta sotto gli occhi di tutti, giorno dopo giorno, come “un’azione d’insubordinazione alle indifferenze”.


Pubblicato l'11 gennaio 2022 su Il Quotidiano del Sud Calabria






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