BAMBINI GIFTED, NON CHIAMATELI GENI
“Maestra, di cosa sono fatti i suoni?” I suoni sono delle onde, come le onde del mare.
“Non è vero, maestra, le onde del mare sono fatte di acqua e
si vedono, ma le note allora perché non si vedono?” I suoni non si possono
vedere, Martina, fai silenzio!.
Eh no, cara maestra di musica, i suoni si possono vedere
eccome. Avrebbe potuto stupire i suoi studenti portando in classe una piccola bobina
di Tesla, che trasforma gli impulsi elettrici del suono in bellissimi fasci di
luce colorati, ma forse lei, questo, non lo sapeva.
Ci sono tanti bambini e bambine come Martina, che si
chiedono mille perché. A volte li vedi distratti in classe, assorti nei loro
pensieri. Hanno interessi non comuni con gli altri compagni, spesso si isolano,
o al contrario sono molto vivaci. Hanno un ritmo di apprendimento differente,
possono eccellere in alcune materie, e rimanere indietro in altre che a loro
sembrano non interessare. Sono etichettati dagli insegnanti come petulanti,
svogliati, invadenti, distratti, fuori luogo, troppo “attivi”, precoci.
Martina aveva voti appena sufficienti, in classe si stancava
spesso, diceva che la noia era il suo sinonimo di scuola. Alle medie, decise di
non frequentare più quel luogo che per lei era ostile e inutile: a cosa serviva
imparare stupide nozioni che non soddisfacevano le sue mila domande sulla vita,
la morte e la scienza dei suoni?
I bambini “gifted” (dall’inglese gitf, dono), o plusdotati,
sono quelli che hanno un quoziente intellettivo e una maturazione cognitiva superiore
alla media, ma non sono dei geni, non chiamateli così. Il successo di queste
menti differenti, nella società adulta, avviene solo se le si aiuta a crescere
nella consapevolezza delle loro potenzialità, stimolate nella giusta direzione partendo
proprio da quegli interessi peculiari e da quelle domande così insistenti.
Con la nota 562 del 3 aprile 2019, il Ministero della
Pubblica Istruzione (MIUR) ha inserito la plusdotazione nei percorsi dei BES
(Bisogni Educativi Speciali). Gli alunni plusdotati hanno il diritto a ricevere
il giusto supporto sia didattico che educativo, nel rispetto delle leggi
sull’inclusione, dai docenti titolari, preparati e formati anche su queste
specificità. La redazione di un Piano Didattico Personalizzato è obbligatoria e
la sua stesura può richiedere anche la partecipazione di un esperto esterno e
della famiglia dell’alunno. Il PDP è fondamentale perché è lo strumento
attraverso cui l’insegnante può sviluppare strategie e metodologie didattiche
differenti dal resto della classe, adeguandole al funzionamento specifico e
ai diversi stili di apprendimento degli alunni APC (Alto Potenziale Cognitivo).
Non è solo una questione di intelligenza superiore, di
talento o “dono”, ma di come queste specificità di alcune persone devono
necessariamente svilupparsi in armonia, senza diventare un impedimento all’apprendimento
e alla crescita personale. I rischi maggiori, a detta delle statistiche
nazionali, sono quelli della disaffezione alla scuola e l’abbandono scolastico
in età adolescenziale (Martina ne è esempio).
C’è un pericolo ancora più grande fortemente sottostimato, e
qui le statistiche non sono quelle del MIUR ma dell’Istituto Superiore di
Sanità, che certifica un incremento di disturbi del comportamento, disturbi
psicologici come depressione, ansia, fobia sociale, nei bambini e nelle bambine
ad alto potenziale cognitivo che non hanno ricevuto il sostegno adeguato, e
sono cresciuti con l’idea che quei doni speciali, meravigliosi tratti della
loro unicità, fossero, in realtà, una maledizione.
Pubblicato il 1 marzo 2022 sul Quotidiano del Sud Calabria per l'editoriale "Diritti&Diversi"
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