PRIDE E PREGIUDIZI. E orgoglio autistico.
Il “Reggio Calabria Pride 2022”, la manifestazione della comunità LGBTQIA+ svoltasi lo scorso 30 luglio nella città dello Stretto, è stata la più partecipata della storia della nostra regione, ma, non lo dice nessuno, ha mietuto più vittime di violenza verbale degli ultimi anni. I colori arcobaleno della bandiera simbolo di pace e diversità, oggi prendono sfumature opache della discriminazione e del paternalismo di chi continua a giudicare un corteo pacifista per i diritti civili e contro l’omolesbobiatransfobia, come una sfilata carnevalesca.
“Che c’è da essere orgogliosi a fare i pagliacci per
strada?”, “Il Carnevale dei gay”, “I bambini non dovrebbero assistere a queste
cose”, “Vergogna!”, “Ma come ci siamo ridotti…”.
Queste sono alcune delle frasi con cui conigli, dietro alle
tastiere in fiamme, hanno commentato gli articoli delle testate online; per deontologia
professionale, ometto quelle rivolte personalmente a chi ha pubblicato foto e
video dell’evento, perché oltre a offese racchiudono minacce, della serie
“Meglio che non vi fate più vedere in giro conciati così”.
La parola pride, orgoglio, in questi giorni sembra sia prudente
non pronunciarla, pena il linciaggio a colpi di lingua virtuale, dal momento
che anche Dante Belisari, il figlio di Elio (Elio e le Storie Tese), si trova ora
al centro di una polemica di matrice abilista per aver detto durante il
concerto del padre “Sì, sono autistico e ne vado fiero”; ci sono persone che
ancora pensano che un autistico non possa parlare, così hanno svilito il
ragazzo, dicendo che “Non è vero che è autistico”. Assieme a Dante anche le
persone attiviste della comunità autistica accorse a difendersi, sono sotto
attacco. Apparentemente dissimili, le due ondate di questo azionismo intollerante,
hanno in comune lo scopo di mettere a tacere e negare visibilità alle diversità
sociali. Alla faccia dell’inclusione e dei buoni propositi che a Reggio
Calabria sono stati elargiti come caramelline dalle istituzioni, promesse che
non verranno mantenute, se prima non cadranno le barriere culturali del
pregiudizio.
Ma perché essere fieri di essere autistici, omosessuali, o
disabili?
Orgoglio non è vanto o il sentimento che ci porta a sentirci
migliori, ma la rivendicazione di manifestare la nostra diversità in quanto
persone diverse, rivendicando con orgoglio il nostro diritto a vivere e a
mostrare liberamente la nostra identità. È autoaffermarsi e autodeterminarsi; è
sì, “farsi vedere”, perché solo conoscendo le diversità impareremo a non averne
paura e ad accoglierle.
David Vagni, scienziato ricercatore e autore di testi
sull’autismo, parla di “giusto orgoglio” che, scrive, “NON è l’arroganza che
porta al sentimento unilaterale ed eccessivo della propria personalità o
gruppo, che isola l'individuo e ne altera i rapporti sociali e affettivi
facendolo sentire superiore agli altri, ma è il semplice comprendersi e
accettarsi, è provare il sentimento, assolutamente non biasimevole, della propria
dignità. Significa non rinnegarsi, non sentirsi da meno del prossimo nonostante
molti ci vedano a quel modo. Essere
"fieri di essere autistici" significa essere sicuri della propria
dignità di esseri umani, con tutta la gamma di emozioni, diritti e doveri che
ne conseguono, anche se gli altri ci vedono alieni e a volte inferiori o degni
solo di pietà.”.
Voglio citare, infine, il diritto a difendersi, perché pare
che sparare infamie e insulti solo per il gusto di farlo rimanendo impuniti sia
lecito: non lo è. Il reato di ‘Diffamazione aggravata’ è sancito dall’art.595,
comma 3, del Codice Penale, posto a
tutelare l’onore e la reputazione di ciascun individuo. Nella forma aggravata
di cui al comma 3, nel caso di condotte offensive realizzate pubblicamente e mediante
social network, si rischiano dai 6 mesi ai 3 anni di reclusione.
Pubblicato il 2 Agosto 2022 su Il Quotidiano del Sud Calabria per l'editoriale "Diritti&Diversi"
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